Capanne di Marcarolo

Il nostro programma domenicale in realtà era ben diverso: saremmo passati comunque da Capanne di Marcarolo e Piani di Praglia, ma solo dopo aver toccato Gavi, Ovada e Sassello per rivedere il mare dal Passo del Faiallo e ributtarci tra i tetti dell’Appennino deviando per Campo Ligure. Dopo aver percorso la SS45 e aver passato Montebruno per imboccare la SP16 – che ci ha accompagnati tra i suoi paesaggi innevati fino a Casa del Romano – siamo stati però fermati da una lunga coltre di ghiaccio all’altezza di Capanne di Carrega (GUARDA IL VIDEO).

Tornati sui nostri passi, io e Jerry “the wheele viking” tracciamo una nuova rotta alla volta di Gavi. Strada facendo, però, ecco l’ennesimo cambio di programma. Il bello della moto è anche questo, così puntiamo improvvisamente verso il Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo dove ci immergeremo in uno scenario indescrivibile.

Il videoracconto

Già per le sue caratteristiche morfologiche, non si tratta di un percorso da gas a martello, e ancor meno potrebbe esserlo quando la brina ghiacciata e i cumuli di neve a bordo strada ti invitano costantemente alla prudenza in quei lunghi tratti dove i raggi del sole non hanno ancora fatto capolino. La strada è stretta e il manto stradale è spesso costellato di buche scolpite dalla pioggia e dal ghiaccio invernale, ma percorrerla è sempre un vero piacere. Anche in condizioni di guida ottimali, si tratta di un itinerario che definirei comunque più contemplativo che adrenalinico.

Vien voglia di lasciarsi rapire totalmente da un ambiente selvaggio, surreale e mutevole, che vuol farsi ammirare e che è in grado di stupirci sempre più, curva dopo curva. Insomma, con i suoi generosi sali e scendi, i suoi guadi (impraticabili quando il rio è in piena), i suoi ripidi tornanti, e i lunghi tratti affacciati sul canyon del torrente Gorzente – che si sviluppano in falso piano lungo il crinale – la meravigliosa via che attraversa il Parco naturale delle Capanne di Marcarolo è una continua emozione, dall’inizio alla fine.

Il sacrario dei Martiri della Benedicta

L’invito alla riflessione non ci viene dettato solo dal cangiante panorama, ma anche da un luogo simbolo, il Sacrario dei Martiri della Benedicta in cui vi imbatterete inevitabilmente lungo il percorso. L’atmosfera cambia improvvisamente, al pari del selciato che si lascia alle spalle l’asfalto per trasformarsi in un acciottolato che rimarca ancor più la sacralità di un luogo in cui il suono dei nostri scarichi sembra quasi un oltraggio. Sviluppato attorno ai resti di un’antica abbazia risalente al XI secolo, decine di cippi, lapidi, croci e lo sventolar del Tricolore commemorano perennemente quella che fu la più grande strage di Partigiani nella storia della Resistenza italiana. Proprio qui, nell’aprile del 1944, un’improvvisa azione delle truppe nazifasciste costò la vita a ben 147 Partigiani. Dopo anni di abbandono i ruderi dell’ex monastero benedettino, luogo della strage, sono stati oggetto di un’opera di restauro e recupero dal 2002 al 2009 che ha portato alla creazione del Sacrario così come oggi appare ai nostri occhi. Per approfondimenti: benedicta.org/luoghi/

È giunta l’ora di una pausa…

E proprio quando lo stomaco inizia a brontolare nel cuore del Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo, ecco apparire davanti ai nostri occhi, quasi come fosse un miraggio, la mitica Trattoria degli Olmi. Senza alcuna esitazione mettiamo le moto sul cavalletto proprio davanti a un Lamborghini (sì, il trattore, non la supercar) e ci affacciamo in cucina per chiedere un tavolo. Neppure il tempo di sederci e il benvenuto della casa si materializza in un generoso cestino di frisceu appena estratti dall’olio bollente. Un antipasto misto di salumi, formaggi, insalata russa e torta di zucca, rigorosamente annaffiati da un buon bicchiere di dolcetto che ci prepara il palato ai succulenti taglierini con sugo di lepre.

Proseguiamo verso Piani di Praglia

Rimontiamo in sella e mentre ancora ci stiamo leccando i baffi, la nostra strada ci accompagna verso i Pini di Praglia, un altopiano dall’aspetto quasi alpino (nonostante una quota di circa 840 metri s.l.m.) che si sviluppa lungo il confine tra il territorio delle provincie di Genova e Alessandria. Attraversato dall’Alta Via dei Monti Liguri, nel territorio del comune di Ceranesi, qui il paesaggio si fa ancor più idilliaco regalandoci uno spaccato di Liguria selvaggia, ben distante dall’iconografia delle località balneari che si sviluppano lungo la costa. Tra i tetti dell’Appennino il nostro sguardo domina catene montuose ed intere vallate, intravedendo a malapena quel mare che nell’immaginario collettivo identifica la nostra regione.

Le ultime curve prima del rientro

Dopo aver trascorso quasi tutta la giornata immersi nella natura, la strada ci conduce inevitabilmente nel quartiere di Molassana, a Genova. Attraversiamo per un breve tratto il capoluogo ligure, ma il traffico cittadino ci annoia in tempo zero alimentando il desiderio di inseguire nuove curve e panorami. Puntiamo così alla volta di Apparizione, il quartiere genovese abbarbicato alle pendici del Monte Fasce. La salita sarebbe di per sé già affascinante se non fosse per la costante gincana tra le auto parcheggiate in doppia fila anche nei punti più angusti. Superato l’abitato però tutto cambia. La strada si fa subito divertente, tra rettilinei e curve ad ampio raggio in cui lasciarsi andare, non senza contemplare un panorama che spazia dal litorale savonese al promontorio di Portofino.

La SP67 del Monte Fasce si sviluppa interamente sul crinale ed offre numerosi punti in cui fare sosta per sgranchirsi le gambe ammirando un paesaggio incantevole, dal mare alle vallate retrostanti. Il buio inizia a calare e rimontiamo in sella. La strada ci permetterebbe di raggiungere la Val Fontanabuona all’altezza di Gattorna o di tornare al mare attraversando la valletta del torrente Recco che però avevamo già percorso all’andata. Così l’ennesima deviazione improvvisa, all’altezza del monte Cornua, dove svoltiamo a destra per affrontare le ultime curve che ci accompagneranno fino a Sori. Ormai vicini a casa abbiamo ancora un’ultima doverosa incombenza: fermarci al primo autolavaggio disponibile per lavar via ogni traccia di quel sale sparso generosamente sulle innevate strade del nostro percorso domenicale.

L’itinerario completo

tme

Giornalista, fotografo e motociclista. Il connubio ideale? Unire le tre passioni raccontando i miei giri in moto. Peccato però che non sia il mio lavoro